mercoledì 4 aprile 2012

Arcaismi

Papà Enore e Ale

Siamo nell’era web 2.0. Lo Zingarelli non esiste più, soppiantato da Google e da Wikipedia. Abbiamo tutti, o quasi, lo smartphone, l’Ipad e il navigatore. E ho recentemente scoperto che anche mia madre fa acquisti su E-bay con la sua Postepay. E’ vero che mia madre è un genio però ormai anche il linguaggio è diventato multimediale e la terminologia usata dai nostri nonni, dai nostri genitori e anche da noi over 30 è caduta in disuso. Il bombardamento tecnologico e l’evoluzione dell’idioma hanno però risparmiato qualche inossidabile, tipo mio padre.

Classe 1942, capello brizzolo, una vaga somiglianza con Mario Monti e un nome veramente curioso. Enore. Enore Maggioni. Non ne conosco esattamente l’origine ma credo che abbia ben poco di mitologico. Non era un dio greco o romano. Non era Agenore, figlio di Poseidone. E non era neanche Antenore, il saggio che voleva scongiurare il pericolo della guerra di Troia cercando di convincere la bella Elena a rinunciare a Paride e tornare da Menelao. Negli anni quaranta usava dare ai nascituri i nomi dei bambini morti. E nei mesi precedenti all’ottobre 1942, nella fumosa cittadina di Rho, era morto un bambino che si chiamava Enore. Così mio papà si è beccato quel nome. Ma con un secondo nome a battesimo. Giovanni Battista.

Enore Giovanni Battista Maggioni, in procinto di festeggiare il settantesimo compleanno, oggi è un nonno felice. Nonno Enole. E’ un signore distinto che veste elegante, con il Loden d’inverno e l’impermeabile di Burberry’s comprato con un super sample sale londinese, nella stagione di mezzo. Ha sempre i mocassini di pelle e un maglioncino girocollo rigorosamente di cashmere, di lana vergine, o al massimo di cotone. Guai a regalargli qualcosa che abbia una minima percentuale di acrilico. Insomma, ha una classe innata. E un linguaggio che ha ben poco di multimediale o di web 2.0. Lui parla all’antica. E quando incontra una bella signora le fa pure il baciamano. Un meraviglioso Don Giovanni. Battista.

Intendiamoci, capisce il maggionese ma non lo parla. Perché il suo vocabolario, dal sapore un po’ retrò, è da vero signore. Ecco un breve compendio che tutti dovremmo memorizzare o riesumare per affrancarci dallo slang dei vari “Bella Zio” “Non ci sto dentro” e ricominciare a parlare come si deve.

Pertanto: quindi
Refettorio: mensa aziendale
Lettiga: ambulanza
Vieppiù: e inoltre
Pudenda: parti intime
I miei ossequi: mi saluti sua moglie
Ostrega: Caspita, Porca miseria
Discolo: ribelle, indisciplinato
Pittima: lamentosa, pentola di fagioli
Posapiano: sfaticata, annoiata
Corriera: autobus, pullman
Dottrina: catechismo
Filarino: avere un flirt
Lenta di comprendonio: poco sveglia
Tarlucca: lenta di comprendonio
Putacaso: metti che
Trabiccolo: oggetto instabile
Schettini: pattini a rotelle (non il plurale del comandante Schettino!!!)
Passeggiatrice: donna di facili costumi
Marinare: bigiare la scuola
Moroso: fidanzatino
Polacchine: scarpe da montagna (non ragazze che polacchiano)
Masserizie: utensili da cucina
All’uopo: all’occorrenza
Prestinaio: panettiere

Nonno Enore e Carolina


2 commenti:

  1. enore e rizzo sono anche un pó miei.......?
    agganciata al tuo blog!
    te kiero
    b.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Amor sto per pubblicare un post in tuo onore!!! Io tambien!

      Elimina